Il nuovo volto delle imprese e del commercio nelle nostre città

La settima edizione dell’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici arriva dopo gli effetti e i danni della pandemia sul tessuto commerciale italiano, aggravato dalla stagnazione dei consumi.

Città che cambiano volto, con meno insediamenti del commercio tradizionale e più servizi, anche in relazione a una prospettiva diversa, legata per esempio allo smart working e alla diversa mobilità delle persone nelle aree metropolitane.

Con il contributo del Centro Studi delle Camere di Commercio G. Tagliacarne (che fornisce i dati di base) sono stati osservati 120 comuni medio-grandi, di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi di media dimensione. Sono state escluse le città di Milano, Napoli e Roma perché multicentriche, dove non è possibile, cioè, la distinzione tra centro storico e non centro storico.

I dati più significativi di questa ricerca li possiamo sintetizzare così:

VARIAZIONI ASSOLUTE 2012-2021
– 85mila (-15,3%)Negozi al dettaglio
– 9.800 (-10,5%)Imprese commercio ambulante
NEL COMMERCIO
– 200milaImprese italiane
+ 120milaImprese straniere
CATEGORIE MERCEOLOGICHE NEI CENTRI STORICI
DiminuisconoAumentano
– 36%Carburanti+ 46,3%Alloggio
– 28,23%Mobili, ferramenta+ 18,1%Farmacie
– 27,9%Libri, giocattoli+ 15,8%Computer, telefonia
– 18,3%Abbigliamento+ 10,5%Ristorazione

TRADE TALK: CITTÀ E CENTRI STORICI

Il video sintetizza lo scenario degli ultimi dieci anni a proposito della riduzione progressiva del tessuto commerciale nelle città (in particolare nei centri storici), che hanno assistito alla chiusura di 85mila negozi al dettaglio e quasi 10mila attività di commercio ambulante. Ad aggravare tale scenario anche la pandemia e la crisi dei consumi che, in termini reali, sono ancora sotto i livelli del 1999.

Sono in controtendenza una parte delle attività di ristorazione, come street food o il take away, e alcune tipologie di alloggio (bed and breakfast e appartamenti per soggiorni brevi). Le città e i centri storici stanno cambiando volto prospettando uno scenario con meno consumi nei negozi tradizionali e più servizi.

Per Confcommercio bisogna sostenere le imprese e aiutarle a uscire definitivamente dalla crisi, utilizzando le risorse del PNRR per aumentare la qualità della vita dei residenti e rendere le città più attrattive per i turisti.

La riduzione dei consumi in Italia

La riduzione dei consumi colpisce l’Italia da diverso tempo: in nove anni sono scomparsi quasi 85mila negozi fisici. Una situazione che si è acuita nel periodo della pandemia, durante la quale sono spariti quasi 4.500 negozi fisici. Gran parte di tale riduzione è causata da una stagnazione dei consumi di tipo strutturale (i consumi sono oggi ancora sotto i livelli del 1999). Se si sommano, infatti, le perdite di ambulanti a quelle del commercio in sede fissa si evince come in nove anni siano sparite quasi 100mila attività.

IMPRESE ITALIANE E IMPRESE STRANIERE NEL TESSUTO COMMERCIALE

Non è da sottovalutare il nuovo trend che porta a fare una distinzione tra imprese per cittadinanza del titolare e quelle straniere. Tra il 2012 e il 2021, infatti, il numero delle imprese, nel complesso di tutti i settori economici, resta invariato, ma si registra un calo di circa 190mila unità delle italiane a fronte di un analogo incremento di quelle straniere.

Solo nel commercio spariscono circa 200mila imprese italiane, mentre ne emergono quasi 120mila straniere che raddoppiano, in nove anni, da una quota del 10,7% al 19,1%. Stesso discorso per l’occupazione che resta stabile per gli italiani, mentre si conferma in crescita dell’11% per gli stranieri.

GLI ESERCIZI COMMERCIALI TRA CENTRI STORICI E PERIFERIA

È il caso, poi, di fare una distinzione degli esercizi commerciali tra centri storici e periferia. Nei centri storici la chiusura degli esercizi commerciali rappresenta una chiusura definitiva di punti vendita; mentre in periferia si assiste al fenomeno dei cosiddetti “accorpamenti”. La chiusura di quattro negozi in periferia equivale all’accorpamento in uno più grande, registrando un saldo di meno quattro.

È chiaro che, in un centro storico, questa tipologia di sostituzioni è tecnicamente impossibile, motivo per cui le riduzioni delle attività pesano maggiormente per un’eventuale riduzione dei livelli di servizio. Ma ipotizzare una graduale desertificazione e spopolamento dei centri storici non è corretto, poiché continuano a coesistere diverse tipologie di negozi in forte crescita.

Non bisogna, dunque, confondere criticità settoriali con dinamiche generali che non sono, invece, confermate dalla realtà dei dati. Negli ultimi nove anni, perdite moderate nelle città si registrano per i negozi che vendono beni essenziali (ad esempio gli alimentari).

Appare evidente, invece, un effetto composizione dei consumi sulla demografia d’impresa: crescono le farmacie e i negozi di telefonia, computer e infotainment domestico. Una maggior attenzione verso la tecnologia e la salutecome cura del corpo, rappresenta un indice importante per i consumi degli ultimi 20 anni, in particolare degli ultimi 10.

In discesa ci sono, poi, i consumi tradizionali, come i negozi di abbigliamento, mobili, giocattoli, libri, calzature, che escono dai centri storici per essere inglobati nell’offerta dei grandi centri commerciali periferici. Un fenomeno che rappresenta una vera e propria minaccia per la vitalità delle nostre città.

COMMERCIO ONLINE E COMMERCIO TRADIZIONALE

Un’attenzione particolare merita anche la relazione commercio online e commercio tradizionale. Nonostante la diminuzione del numero dei negozi dipenda dalla riduzione dei consumi e da un processo di efficienza della distribuzione commerciale, bisogna evidenziare che, in termini macroeconomici, prevale la relazione di sostituzione tra canali di vendita.

La competizione tra i due canali si è accentuata ulteriormente durante il periodo di pandemia, o meglio, ne è stata un’effettiva conseguenza. La tendenza è quella di superare la distinzione netta tra online e tradizionale per far convivere le due realtà e consentire che, alla crescita dei servizi online non corrisponda la riduzione delle vendite dei beni.

LE PROPOSTE DI CONFCOMMERCIO

Sono necessari modelli di governance urbana che, con il contributo di chi nella città vive e lavora, guardino al medio-lungo termine e siano realmente capaci di dare risposte concrete all’economia reale e alla vita quotidiana dei cittadini e degli imprenditori italiani.

Per tale ragione, la Confederazione sostiene il rafforzamento dei partenariati locali e la definizione di strategie condivise aderenti alle necessità dei luoghi, al fine di contrastare i fenomeni di desertificazione commerciale e valorizzare  il tessuto economico in tutte le sue forme e funzioni, incluse quelle di attrazione culturale e turistica, di sostenibilità di quartiere e di innovazione capillare e diffusa, migliorando – al contempo – la qualità urbana e la coesione sociale.

Si ritengono, quindi, utili un reale coinvolgimento del territorio e una maggiore integrazione progettuale tra i temi urbani e quelli economici, al fine di usare efficacemente i finanziamenti disponibili, a partire dalle opportunità contenute nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza(PNRR) per la rigenerazione urbana ma anche con riferimento alle ulteriori risorse per le città previste dalla nuova Politica di coesione 2021-2027. Nel prossimo settennio, infatti, anche la programmazione europea, in maniera più decisa rispetto alle precedenti, pone il territorio e le città al centro degli obiettivi di policy con il fine promuovere uno sviluppo integrato e realizzare strategie urbane sostenibili.